Un buon progetto ha bisogno anche del luogo adatto dove realizzarsi. Per questo nel 2017, dopo le tante attività svolte all’interno della Villetta di Garbatella, abbiamo cercato una sede che fosse adatta al nostro nuovo progetto dedicato alle donne migranti. Dopo alcuni mesi di ricerca e contatti abbiamo finalmente trovato la nostra nuova “casa”. Sì casa, perché il luogo che ci ospita ci fa sentire realmente accolte e la stessa sensazione l’hanno manifestata le donne afghane che regolarmente partecipano ai nostri laboratori. Siamo in via Saturnia, zona S. Giovanni e in una bella palazzina con giardino troviamo il Centro Informazione Maternità e Nascita Il Melograno.

In un colorato salottino con angolo tisaneria e biscotti equo e solidali incontriamo Lorena, del consiglio direttivo del Centro che ci racconta un po’ di storia e di progetti dell’Associazione. Cominciamo con un grazie. Da parte dell’ Associazione Binario 15 e del gruppo di donne che fanno parte del giovane progetto Women ci riteniamo davvero fortunate ad aver trovato voi come madrine!

La vostra storia inizia più di 30 anni fa. Quali sono state le esigenze, perché è nato il vostro Centro?
Il Melograno nasce a Roma nel 1983 (il primo Melograno nacque a Verona nell’81). Erano gli anni della grande medicalizzazione della nascita e del parto, anni in cui si riteneva che la salute era garantita dal solo controllo sanitario che avrebbe apportato grandi benefici e che questo fosse l’unico aspetto da tenere in considerazione. Erano, però, anche gli anni dei movimenti femministi, gli anni in cui le donne desideravano riappropriarsi della gestione del proprio corpo e della propria salute. Da militanti in questi movimenti il nostro intento era, ed è tuttora, quello di rimettere la donna e il bambino al centro dell’esperienza della nascita, come veri protagonisti dell’evento senza trascurarne l’aspetto emotivo che rende ogni nascita un momento unico e irripetibile. Il nostro contributo è stato quello di accompagnare le donne a mettersi in contatto con i propri bisogni e desideri ed sostenerle perché le loro scelte venissero rispettate.

 

Qual è il rapporto con la città di Roma, con il territorio? Ci sono state difficoltà di comprensione, le vostre proposte e progetti sono sempre stati accolti con entusiasmo o c’è stata anche diffidenza, indifferenza, scontro?
Negli anni in cui siamo nate ci siamo sentite molte volte di “stare sulle barricate” perché andavamo in controtendenza rispetto a quanto veniva offerto nei luoghi dedicati al parto assistito. Abbiamo informato le future mamme e i loro compagni sui loro diritti in sala parto, distribuendo – e tutt’ora lo facciamo – la legge regionale del Lazio n. 39/1982 sui luoghi del parto, che riconosciamo essere una delle migliori in Italia. Le donne, così, andavano nelle strutture pubbliche forti di questa consapevolezza e portavano avanti le loro richieste. Non esagero nel dire che i tanti cambiamenti migliorativi che ci sono stati nell’ambito della nascita, pensiamo alla presenza del partner durante travaglio e parto, al poter scegliere liberamente le posizioni, alla libertà di rifiutare le pratiche ostetriche non necessarie, alla possibilità di stare subito con il bambino appena nato, sono il frutto del coraggio di chiedere delle donne in quegli anni. Il parto informato permetteva alle donne di riporsi al centro dell’evento. Dall’altra parte, negli ospedali eravamo nominate come le “tribali” perché difendevamo il diritto delle donne di scegliere la posizione che più le faceva sentire a loro agio. Negli anni le strutture si sono adeguate, chi più, chi meno, e si è iniziato a dialogare con chi aveva più sensibilità verso questo tema. Abbiamo formato molti operatori dei consultori di Roma e provincia, che hanno così potuto trasformare l’offerta dei servizi per la nascita rendendoli più rispondenti alle nuove richieste. Alla fine degli anni 90- inizio 2000 abbiamo iniziato a sviluppare dei progetti più sul settore sociale, occupandoci dei servizi di sostegno domiciliare dopo la nascita per le famiglie fragili e possiamo dire che in questo settore il Melograno è diventato un importante punto di riferimento per i servizi del territorio.

Tra i tanti progetti realizzati quale o quali vi stanno o vi sono stati particolarmente a cuore?
Tutti i nostri progetti sono nati dai vissuti che le donne ci portano, dai loro bisogni reali, sono esperienze che toccano il nostro cuore e incontrano le nostre passioni quindi tutto quello che abbiamo fatto ci è sempre molto appartenuto. Un progetto che abbiamo portato avanti a partire dal 1999 e che rappresenta il fiore all’occhiello del nostro Centro è stato Raggiungere gli irraggiungibili, idea sperimentale di sostegno domiciliare nel primo anno di vita del bambino per famiglie con fragilità. Parliamo di mamme che stavano vivendo momenti difficili o di famiglie che presentavano strutture problematiche, per esempio famiglie in povertà, mamme minorenni, mamme migranti, mamme con patologie o forti depressioni. La forza del progetto è stata quella di lavorare in rete: i soggetti coinvolti, oltre al nostro Centro, sono stati gli operatori del reparto di Neonatologia del San Camillo, il servizio territoriale di Età Evolutiva della ASL RMB e l’Università che si è dedicata alla valutazione del progetto e allo sviluppo della costruzione di una rete di servizi legati alla nascita. Si rispondeva così alla necessità di colmare l’assenza di dialogo tra la struttura ospedaliera e il territorio. Inoltre, riconoscere e rafforzare nelle mamme, nel periodo immediatamente dopo il parto, le proprie capacità e risorse utili a soddisfare i bisogni psico-affettivi del proprio bambino favorisce la costruzione di un legame affettivo sicuro tra la mamma e il proprio figlio che rappresenta quindi un importante fattore protettivo per un armonico sviluppo del bambino. Possiamo quindi parlare di un progetto di prevenzione primaria che si è ispirato alle sperimentazioni portate avanti prima di noi negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia, esperienze da cui abbiamo preso spunto per concretizzare le nostre azioni.

 

Punto di incontro tra la nostra e la vostra associazione è l’attenzione per l’esperienza dei migranti, in particolare per le donne. Quali sono i progetti attualmente attivi e quali sono stati i progetti realizzati in passato?
Abbiamo incontrato le donne migranti nel corso dei progetti di sostegno a domicilio nel dopo nascita. Entrando in contatto con le loro realtà domestiche ci siamo rese conto dell’isolamento che molte di loro vivevano, della mancanza di una rete di sostegno, della difficoltà nella comprensione e dell’accesso ai servizi a cui avevano diritto. Entrare in contatto con questi bisogni ci ha spinto a realizzare, nel 2015, il progetto Culle colorate che prevedeva, oltre al sostegno domiciliare, l’organizzazione di spazi di incontro per le mamme con i loro bambini. Il progetto è stato realizzato con la collaborazione della Scuola Di Donato – Polo Intermundia e il centro SaMiFo (Salute Migranti Forzati). Abbiamo prodotto, tradotto in diverse lingue e distribuito molti materiali, tutti scaricabili dal nostro sito, per consentire una maggiore comprensione delle informazioni di base rispetto alla gravidanza e alla nascita, ai controlli sanitari gratuiti, al sostegno durante l’allattamento e lo svezzamento. Il secondo progetto è stato Nascite migranti nato dalla consapevolezza delle difficoltà che le donne incontrano sul lavoro dopo la nascita di un figlio. Molte sono quelle costrette a lasciare i loro lavori precari o che devono riconfrontarsi e reinserirsi con maggiori difficoltà a causa dei figli piccoli, nel mercato del lavoro. Per questo progetto è stata fondamentale la collaborazione con l’associazione Cora Roma Onlus  che si occupa di orientamento al lavoro ispirandosi al metodo retravailler che si basa sull’individuazione e sul rafforzamento delle competenze. Non sono stati pochi i casi in cui ci siamo trovate di fronte a donne con alte professionalità che si adattavano a fare le badanti o le donne delle pulizie in mancanza di fiducia e riconoscimento delle proprie competenze e delle aspirazioni personali e professionali. Da parte nostra quindi ci occupavamo del sostegno alle mamme dopo la nascita, curando la relazione con il bambino e incoraggiandole ad utilizzare le risorse del territorio e i servizi educativi dedicati (ad esempio riportando la fiducia nella figura delle assistenti sociali che molte volte scontano il pregiudizio di essere un ostacolo e non una opportunità). Cora Roma Onlus si occupava successivamente di gestire i gruppi di donne coinvolte facendo emergere le potenzialità e i desideri di realizzazione professionale, mettendole in collegamento con gli sportelli del lavoro per accedere ai corsi di formazione. Il bando purtroppo si è concluso ma siamo sempre fiduciose che si possa riproporre sia per le mamme migranti, sia per le mamme italiane. Al momento abbiamo attivo il progetto Con te mamma che prevede il sostegno domiciliare per tutte le neomamme che ne facciano richiesta, italiane e straniere, nelle province del Lazio, esclusa Roma Capitale.

Dalla vostra esperienza quali sono le difficoltà maggiori che incontrano le donne migranti nel diventare mamme in Italia e in particolare qui a Roma?
Sicuramente l’isolamento culturale e sociale, perchè mancano gli spazi a misura di bambino dove potersi incontrare, soprattutto in una città complessa come Roma. C’è una generale difficoltà nell’accesso ai servizi, molte mamme sono disorientate e hanno poca comprensione di come funziona il sistema sanitario e di accesso alle cure. Pensiamo ad esempio al ricorso al pronto soccorso se i bambini si ammalano o a momenti delicati come lo svezzamento che viene fatto con alimenti che non appartengono alle loro culture di origine. Importante diventa quindi fornire strumenti di comprensione lasciando comunque la libertà di esprimere i loro saperi e le loro tradizioni nella cura dei figli.

 

 Cosa vi ha spinte ad accettare di ospitare il nostro progetto e quali potenzialità vedete in questa collaborazione?
(Ride) Quando ci avete parlato di condividere un progetto per l’integrazione delle donne ci siamo sentite subito coinvolte, come Centro siamo aperte alla condivisione delle esperienze, ad arricchirci grazie alle nuove collaborazioni. Inoltre siamo sempre curiose verso le altre culture a cui appartengono anche le donne che vivono l’esperienza della migrazione perché non dobbiamo mai scordarci che il corpo delle donne con le sue trasformazioni e i suoi cicli biologici ci accomuna tutte, qualunque siano gli usi e costumi sociali, politici e religiosi in cui ognuna di noi si trova a vivere

Sogni e progetti futuri della vostra Associazione?
Il nostro grande sogno sarebbe quello di dare vita a un grande centro dove si possano offrire diverse opportunità di approcciare e approfondire il tema della nascita, a un vero e proprio Villaggio della nascita, ma restando nella concretezza ci piacerebbe che le azioni e i progetti che abbiamo realizzato potessero avere maggiore continuità, non essere sporadici e legati a finanziamenti sempre più ridotti, ma credo che sia un desiderio comune a tutti quelli che lavorano su progetti con fondi dedicati. In particolare, in questo periodo, ci stiamo molto impegnando intorno al tema della violenza intra-familiare durante la gravidanza, una violenza che agisce su due persone (mamma e bambino), un fenomeno non legato a specifiche condizioni sociali, culturali, economiche, ma che è molto sottaciuto e per questo ancora poco percepito dalla collettività. Sono sogni ma stiamo lavorando perché diventino – prima o poi – uno dei nostri progetti.