L’attentato che il 30 settembre ha colpito la comunità hazara in Afghanistan è un attacco al futuro di questo paese (. Un attentatore si è fatto esplodere in un centro educativo gremito di studenti e studentesse causando la morte di più di 50 persone e il ferimento di molte altre, in maggior parte giovani donne. Dopo le proteste che in tutto il mondo si sono levate contro il genocidio in atto da secoli nei confronti della comunità hazara, Fatema Qasim, giovane rappresentante della diaspora afghana a Roma, ha voluto esprimere il suo cordoglio attraverso una poesia che pubblichiamo.

Nel mezzo di una guerra io sono qui, qui dove sembra tutto a posto.
Qui sembra che l’autunno non sia altro che una stagione, il sole pian piano comincia a salutarci prima, le foglie cadono mentre esibiscono il loro ultimo ballo.
Sì sono qui, qui dove regna il silenzio.
Ma sono anche qui,
nel mezzo di una guerra…
Dove Marzia voleva diventare Elif Shafak.
Dove forse Shakiba sognava di diventare una dottoressa.
Dove magari Hajar desiderava un giorno insegnare…
Sono ancora qui,
dove Asadullah vendeva le matite per poter pagare le spese,
dove una mamma era abituata a pettinare i capelli lunghi di sua figlia prima di mandarla a scuola.
Sono ancora qui, dove regna il silenzio tra le urla assordanti,
dove un padre seppellisce le sue tre figlie.
Sono qui dove nessuno vuole essere, di qui nessuno vuole sapere…
Sono qui dove forse è la fine del mondo, il vero Triangolo delle Bermuda
dove ci vuole coraggio per parlarne, un luogo intenzionalmente dimenticato, dove l’autunno non è solo un stagione,
dove l’oscurità non segna solamente il passare del tempo…
Sono qui dove la terra è testimone di una storia non scritta,
storia di 40 ragazze di ieri
storia di 40 ragazze di oggi
storia di centinaia di quelle quaranta ragazze.
La storia che invece sarebbe potuta essere molto diversa,
avrebbe potuto raccogliere mille diari pieni di elenchi scritti,
elenchi di sogni e obiettivi raggiunti,
storia di quaranta ragazze felici, libere e realizzate.
Una storia in cui Kaj Moud e Saidoshohada erano ancora in piedi
Una storia di persone che non sono state massacrate.
Solo se…
Solo Se qui si potesse sentire col cuore
Solo se qui l’umanità fosse sovrana
Solo se qui avere coraggio andasse di moda
Solo se l’autunno non fosse solo una stagione
Solo se qui  dove un diario piange sangue, non regnasse il silenzio!